Donne in agricoltura

L'agricoltura nasce donna, ma può diventare uguaglianza?

Arriva con la primavera ed è la festa che celebra le donne, è la giornata che diffonde empatia nelle persone e profumo di mimosa nell’aria, è un modo per ravvivare i ricordi di un passato storico ed insegnare alle bambine il valore del nascere speciali.

L’otto marzo quest’anno lo vogliamo dedicare alle donne che lavorano in agricoltura, senza parlare di numeri e statistiche, ma riflettendo sull’originalità del loro essere inevitabilmente rivoluzionarie.

Non è facile immaginare l’importanza della donna in ambito agricolo, ma lo diventa se si pensa alla sua importanza nella divulgazione della vita stessa.

Procreare e seminare sono due parole che si baciano sia nella fonica che nell’etimologia e sono il riassunto di quello che succede quando una donna decide di dedicare la sua energia per far nascere piante e raccogliere frutti.

Dai tempi più antichi si narra di mamme e figlie devote al lavoro agricolo; ispirate probabilmente dal loro innato senso materno, hanno scoperto che anche la terra è donna e che condividono lo stesso identico tipo di fertilità.

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Essere a contatto con la natura in una società fatta di frenesia e apparenza aiuta a riconquistare la vita che ci spetterebbe; permette di riequilibrare il proprio essere e consente di dare più valore alla qualità del tempo, seguendo i ritmi che sarebbero innati in ognuno di noi, se non fossimo costantemente ingannati dagli instancabili orologi di un sistema mai sazio.

Essere a contatto con la natura ci insegna che aspettare ed avere pazienza è generalmente la cosa più utile da fare dopo aver dedicato le proprie attenzioni alla semina e che la costanza nel prendersi cura è il fertilizzante più nutritivo che si possa distribuire sulle proprie colture.

Le donne che decidono di lavorare nei campi sono spesso persone rivoluzionarie, allergiche alle istruzioni e irragionevolmente irrequiete, che hanno bisogno della natura per sentirsi adeguate a quell’unica regola che solo da essa possono accettare. Non si tratta di resilienza né della tanto irreperibile libertà, ma semplicemente dell'avvicinarsi ad un qualcosa che permette loro di dare vita ed allo stesso tempo sentirsi vita.

Asini

Sono numerosi i cambiamenti portati dalle donne anche nella concezione del benessere animale, che ora è completamente diversa rispetto a quando il bestiame serviva quasi in totalità per il lavoro e per l'alimentazione. Le donne hanno saputo scovare nei comportamenti degli animali fino a capire che la loro essenziale presenza porta, già di per sé, ad una grande ricchezza.

L'evoluzione delle fattorie didattiche e delle attività assistite con gli animali ha generato un incremento della presenza femminile in ambito agricolo, le donne hanno colto l'importanza di educare i più piccoli al rispetto degli animali e del loro benessere.

Dobbiamo imparare a pensare e vivere come gli animali sociali, senza trovarci davanti a momenti di esclusione ed emarginazione; dobbiamo imparare ad essere donne che amano se stesse, le altre donne e gli uomini alla stessa maniera. Dobbiamo circondarci di chi ha deciso di comprendere l'inestimabile valore dell'essere colmati dalle donne. 

Possiamo dunque concludere che l'agricoltura è donna ? Direi di no; l'agricoltura è uguaglianza e universalità, è affinità e inclusione. L'agricoltura unisce sessi diversi, mentalità contrastanti e paesi lontani. Del resto un seme, quando decide di crescere e poi sbocciare, può farlo sia nel cuore verde di una foresta in Madagascar che ai bordi delle strade nel centro di Parigi.

Fattoria Sociale
Barbara Balducci • 7 Marzo 2022