Ricci neri neri e pagliuzze secche
L’uliveto sta sulla strada per Porano, ma credo che siamo ancora nel comune di Orvieto.
Kiriku (nome di fantasia per un minore richiedente asilo) e Erik ormai con Ivan sono in confidenza. Hanno insieme sgranato fagioli, pacciamato l’orto… Jamil l’ha conosciuto quando siamo andati anche noi a pulire l’uliveto. Fabrizio invece è nuovo, oggi è il primo giorno che fa attività nei campi di Janas, l’azienda agricola condotta da Eleonora e Ivan. Una sarda e un siciliano che qui ad orvieto fanno grani e poi farine e poi pani e paste, fanno legumi, fanno olio, fanno da mangiare per gli avventori della loro locanda…
C’è una citazione da Masanobu Fukuoka che compare alla home del loro sito e fa: “Lo scopo vero dell’agricoltura non è far crescere raccolti ma la coltivazione e il perfezionamento degli esseri umani”. A me sembra davvero una sintesi efficace dello spirito con cui si può fare agricoltura sociale. Al di là della contraddizione apparente sulla parola, anche uno dei motivi più risonanti di “Raccolti di Comunità”.
E dunque eccoci oggi anche con Fabrizio a spargere paglia sotto i loro ulivi, mentre la chioma ricciuta di Ivan vagola a condurre il decespugliatore alla base degli alberi.
I ricci neri sono una specie di divisa aziendale. Ce li ha Ivan e ce li ha Eleonora e io che sono calvo dall’età di 23 anni provo per questo un’acuta ed indispettita invidia quando ci sto insieme.
Sono due temperamenti forti, Ivan ed Eleonora, e questa forza si esprime nel soma di entrambi, nella fisicità ferina di Ivan e nel portamento da regina dei druidi che ha Eleonora. Ivan è un fauno siciliano con la pelle cotta e le foglie sempre impigliate nei capelli. Eleonora una cuoca contadina che della panificazione ha fatto quasi una religione. Il paesaggio attorno alla loro locanda esprime un’energia accogliente, è facile trovarsi un posto nel loro giardino e ci si sta subito a proprio agio, passano le ore e tu non le conti.
Loro d’estate fanno una festa della mietitura e arrivano i paesani di Porano, le vecchie e i vecchi contadini, questa comunità antica che li ha accolti si accomoda nel luogo che hanno creato per condividere momenti e saperi.
Occhi d’angelo tra i tini fumanti
“Ce ne metto a levà tutte ste frasche fino llà ggiù, è da stamane...mo però è quasi ora è un buzzico de pasta vedrai si non me lo magno”. Questo signore sulla sessantina o più, col quale leviamo le frasche, chiacchiera con Kirikù e ci scherza, è proprio contento che siamo là e non sembra sia solo per l’aiuto che gliene viene. La gente che lavora alle Velette, o meglio a “Le Velette”, ha l’aria di essere contenta di essere dove si trova a fare quello che fa. Penso anche a Gigi, spilungone sotto i quaranta, credo, che per aspetto parlata e portamento mi fa pensare ad un dottorando universitario e sembra invece così appassionato del daffarsi qua in azienda. Siamo a Canale, altra frazione di Orvieto, e qui su 130 ettari, di 270 che ne conta la proprietà, Corrado, coi suoi figli, Teresa e Giulio, fa vini continuando una tradizione dall’ascendenza antichissima, la cui datazione risale almeno al 1870 solo per il percorso aziendale. Ma come tutte queste realtà con cui collaboriamo noi, sì, fa la sua cosa, il vino, ma fa pure l’olio, fa pure gli ortaggi… l’altra volta Erik e Kirikù sono venuti ad aiutarli a costruire un pollaio. E qui Giulio con alcuni suoi amici fa anche la salsa con i pomodori che compra da noi all’Oasi. Giulio ha due occhi d’angelo e un aspetto che mi ricorda la descrizione che negli atti degli apostoli si fa di Santo Stefano. La gentilezza di modi e gesti, decostruisce di fatto lo stereotipo del contadino rude. Il papà invece al colpo d’occhio si presenta franco e cordiale, sobrio e robusto, di sostanza ma non privo d’eleganza. Sono di quelle aziende che, pur esprimendo un certo peso, hanno trovato la motivazione ad avviarsi nel biologico.
Diffondetevi e moltiplicatevi
L’agricoltura sociale può essere una pratica diffusa. È questa la scommessa che stiamo tentando. Sono realtà diverse, quelle che incontriamo. In questo caso ne menzioniamo due che rappresentano scelte diverse, la piccola scala, più propriamente da agricoltura contadina, la prima, l’impresa capitalistica la seconda, per quanto realizzata con principi e pratiche volte alla sostenibilità sociale ed ambientale. Ora con queste due aziende, presto con altre, noi tentiamo di moltiplicare i centri dell’agricoltura sociale nell’orvietano. Non sono cooperative sociali, certo, ma possono FARE agricoltura sociale. Grazie a Raccolti, Erik, l’educatore, può guidare i partecipanti in questa nuova avventura e queste contadine e contadini possono sperimentare una nuova pratica. Insomma, abbiamo cominciato. E ci sta piacendo.