Tutto è partito cinque anni fa quando Mario e Pietro hanno inziato a mostrare disagio per la loro necessità di essere sostenuti dalla Caritas. Volevano essere aiutati a ritrovare il filo della propria vita e non a vivere di beneficienza. Proprio in quel periodo era stata avviata l’esperienza dell’emporio della solidarietà, un luogo dove vengono raccolti e distribuiti, a persone disagiate, beni di prima necessità, soprattutto alimentari, provenienti da raccolte ed eccedenze delle aziende agroalimentari e dei supermercati. L’idea di fondo su cui era nata l’iniziativa non derivava soltanto dalla necessità di soddisfare un bisogno primario, ma di offrire un’alimentazione corretta, più completa e sana possibile, e di promuovere la cultura della riduzione degli sprechi. I due fattori assieme, l’esigenza cioè di andare oltre la soddisfazione del bisogno immediato di Mario e Pietro e quella di produrre ortaggi nel territorio ed in modo naturale, fanno nascere l’azienda delle Cascine con l’associazione Albero di Zaccheo.
Come si sviluppa il progetto
Due ettari circa di terreno e una vecchia fattoria dove, dopo adeguata sistemazione, sono stati ricavati anche gli alloggi, in questo momento sfruttati anche dai ragazzi che svolgono la fase di reinserimento, sociale e lavorativo, post-comunitario, presso l’azienda.
Il progetto prevede la realizzazione di un vivaio per la produzione di piantine orticole biologiche e la coltivazione in campo aperto di ortaggi biologici. Mario e Pietro provengono da altre esperienze lavorative e non conoscono l’agricoltura, ma con l’aiuto di alcune aziende agricole interessate alle piantine, che altrimenti avrebbero dovuto andare a prenderle molto lontano, e di due amici agronomi in pensione, l’esperienza parte e si consolida.
Cosa propone l’azienda è a chi
Il progetto si propone di promuovere un modello di produzione improntato alla biodiversità, al tipico, al prodotto locale e di qualità, valorizzando la multifunzionalità dell’agricoltura in direzione anche dei servizi alla persona e all’ambiente. Si tratta di trovare anche forme di commercializzazione diverse dalla grande distribuzione organizzata che produce enormi quantitativi invenduti, spostamento di merci per grandi distanze, creazione di filiere sempre più lunghe, in cui il lavoro dell'agricoltore viene considerato poco. Gli esempi riguardano la vendita diretta(mercati contadini, punti vendita aziendali, “cogli da te”) tradotta in filiera corta e chilometro zero che, oltre alla valorizzazione della stagionalità e tipicità, permette il recupero della cultura contadina ed il rapporto diretto tra produttore agricolo e cittadino consumatore. Questo inoltre potrebbe permettere la creazione di una rete di vendita nel territorio proponendo, ad esempio, ai ristoranti la fornitura per menù biologici e a chilometro zero. Il progetto ha anche l'ambizione di coinvolgere gli agricoltori per renderli consapevoli che sono loro, ancora oggi, ad avere le chiavi per interpretare i ritmi della terra, i cambiamenti stagionali, le capacità rigenerative del suolo. Il progetto infine prevede una serie di incontri con gli studenti delle scuole del territorio per far conoscere, attraverso l'ausilio di vari strumenti, la situazione da un punto di vista agroalimentare, economico e sociale, con l'intento di promuovere uno stile di vita che riduce lo spreco, sceglie alternative solidali e sostenibili di consumo. Il rischio e l’insicurezza alimentare sono la conseguenza di pratiche agricole sconsiderate, uso di concimi chimici, industrializzazione del settore agricolo, monocoltura e scomparsa delle piccole realtà contadine e della produzione familiare
Come si svolge il lavoro di inclusione sociale in parallelo alla produzione
E’ primavera e quindi si ricomincia dal seme che è stato rinchiuso per tutto l’inverno. Lo stesso inverno, un po' lungo e difficoltoso, da cui arrivano le due nuove forze fresche, nella loro fase di reinserimento sociale e lavorativo, che aggiungono risorse umane alla cooperativa e si alternano con chi non ha resistito o ha fatto altre scelte. Ecco si parte assieme, i due ragazzi ed il seme, lo guardano con curiosità mista ad incredulità, come è possibile che da quella piccola particella secca, che sembra morta, possa prendere vita una pianta! Si versa parte del contenuto della bustina in una mano e con il pollice e l’indice dell’altra si prende con timore un semino per volta, facendo attenzione che sia soltanto uno e non è facile, e si posa delicatamente in uno dei fori dell’alveolo, già riempito dell’apposito terriccio. Quando tutti i fori, di solito 60 o 120, contengono l’embrione di una nuova vita, ma ancora non si è certi, si copre con morbidezza, si innaffia con leggerezza e si porta la cassettina, come se fosse un cofanetto prezioso, al caldo, all’interno della cella di germinazione. Forte è la tentazione di andare ogni tanto a vedere, ma si devono aspettare 36 – 48 ore per inizare a scorgere un piccolissimo germoglio sul seme, quello è il segnale per il trasloco dalla cella al vivaio. Qui dopo qualche giorno inizia ad apparire un piccolo filo d’erba che piano piano prende la forma di una piccola piantina, prima non distinguibile e poi riconoscibile per ciò che è, un pomodoro, una insalata, un peperone, un sedano ecc.. Gli occhi dei due ragazzi sono increduli e meravigliati, “questo vassoio l’ho seminato io” si dicono a vicenda.
Ora si deve attendere ma anche curare, c’è bisogno della giusta dose d’acqua e si deve osservare con attenzione se si evidenziassero eventuali problemi di crescita, ma soprattutto se facessero capolino piccoli visitatori indesiderati come lumache o topi, ghiottissimi le prime delle foglioline e i secondi del seme quando ancora non ha liberato completamente la piantina. Dopo trenta, o quaranta giorni, a seconda della specie, le piantine saranno pronte per il trapianto. Nel frattempo si prepara il terreno, in serra perché ancora fa freddo, quindi si stende la pacciamatura che permette di mantenere il caldo sotto il telo e di non far crescere erbe indesiderate e si stende la manichetta, il tubo forato per l’irrigazione a goccia. Abbiamo già pronte piantine di zucchine, pomodori, melanzane e peperoni, si decide di iniziare dai pomodori che sono i più cresciuti e si mettono a doppia fila sulla pacciamatura, con difficoltà perché sono troppo alti ed i pomodori vanno messi abbastanza in profondità, si discute un po' su chi deve fare le buche con un apposito attrezzo e chi deve sistemarci dentro la pianta. Ci vuole più tempo del previsto anche perché è la prima volta e l’esperienza non è ancora acquisita. Impieghiamo una settimana per riempire tutte le serre, ma scopriamo anche che l’ansia e la fretta non servono a niente, anche se avessimo finito due giorni prima il risultato finale non sarebbe cambiato. C’è stanchezza ma anche soddisfazione. Ed ora? c’è solo da sperare che non tornino tempature troppo basse, seguire la crescita degli ortaggi, dare l’acqua al momento giusto, scacchiare continuamente i pomodori, togliere l’erba che, nonostante la pacciamatura, da qualche parte crescerà. Fra una ventina di giorni le prime zucchine e fiori da fare fritti e fra circa quaranta giorni i primi pomodori. Ma nel frattempo ci sono già insalate e bietole. Poi si ricomincia con le colture autunnali e invernali.
In questo momento di pandemia come si svolge il lavoro
Per il momento si continua da soli perché questa pandemia non permette altre iniziative ed altre persone. Ma mancano: il giovane inviato dal tribunale che prestava servizio alle Cascine, scontando così la sua pena in modo alternativo al carcere; gli alunni della scuola media locale che, dopo il nostro intervento scolastico di sensibilizzazione, sono venuti ad aiutarci a prepare vasetti con il terriccio ed il seme per farlo nascere e crescere a casa loro; il ragazzino sempre sorridente che veniva due volte la settimana, accompagnato dalla propria insegnante di sostegno, a ripulire le piantine di fragola.
Fortunatamente il Corona virus non colpisce i vegetali, anzi, come sostengono in molti, gli ortaggi biologici o comunque naturali ed un ambiente pulito e sano, sono un antidoto contro la sua diffusione, per questo anche all’azienda agricola “Le Cascine” gestita dalla Coop. Soc. L’Albero di Zaccheo il lavoro continua, pronti per ripartire tutti insieme.
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letteralmente avvincente! complimenti per la narrazione.